La Fenice è un uccello mitologico la cui peculiarità è dovuta al fatto di potere rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. E’ stato lo storico greco Erodoto, tra i primi ad occuparsi della Fenice; egli la descrive così:
“Un altro uccello sacro era la Fenice. Non l’ho mai vista coi miei occhi ma solo dipinta, poiché è molto rara e visita questo paese (così dicono ad Eliopoli) ad intervalli di 500 anni: giunge dall’Arabia in occasione della morte del suo genitore ed è accompagnata da un volo di tortore. Porta con sé i resti del corpo del padre imbalsamati in un uovo di mirra; poi lo deposita sull’altare del dio del Sole e lo brucia. Le sue piume sono per una parte di color oro brillante, e per il resto rosso-regale (un rosso acceso). E per forma e dimensioni assomiglia più o meno ad un’aquila”.
Gli antichi egizi furono i primi a parlare di Benu (Benhu), l’uccello sacro che poi i greci chiameranno Fenice. Si trattava di un uccello dalle sembianze intermedie tra un airone ed un’aquila, dai colori sgargianti rosso ed oro. Possedeva lunghe zampe ed una coda con tre piume, una rosa, una azzurra ed una rosso fuoco. Questo uccello, riportato come la prima creatura al mondo, si sarebbe posato sulla collina primordiale di fango. Esso era considerato l’immagine del dio sole. Era onorato particolarmente a Heliopolis e si dice apparisse solo una volta ogni cinquecento anni.
Il nome di Fenice deriva da una parola greca “phoinix” che significa rosso porpora. Il rosso, oltre ad essere un colore sgargiante, è anche simbolo di fuoco e ciò si collega al mito della sua incessante rinascita dalle fiamme purificatrici.
Gli ebrei chiamano la Fenice con il nome di Milcham. Secondo la mitologia ebraica dopo che Eva si rese colpevole d’aver colto il frutto dell’albero della conoscenza, ella in preda all’ansia per avere disobbedito a Dio invitò tutte le creature presenti nell’Eden a cibarsi del frutto proibito. Solo l’uccello Milcham resistette alla tentazione. Fu così che ricevette come ricompensa dall’Angelo della Morte il dono di non provare mai l’esperienza del morire. Milcham poi si recò in una città tranquilla dove visse per mille anni senza timore di morire. Infatti Milcham vive mille anni. Al termine di questo periodo il suo nido prende fuoco e l’uccello brucia. Si salva un solo uovo, che diventa un pulcino, per crescere e vivere per altri mille anni.
In Giobbe (38:36) sta scritto: “Chi ha elargito all’ibis la sapienza o chi ha dato al gallo intelligenza?” L’interesse del biblista in questo uccello, che qui viene definito come Ibis, è probabilmente legato al fatto che esso veniva identificato come simbolo della sapienza divina.
Successivamente la Fenice è stata legata in modo simbolico alla figura di Cristo. Ciò in quanto tornava a manifestarsi 3 giorni dopo la morte. La Fenice è stata adottata come simbolo paleocristiano di immortalità, di resurrezione e vita dopo la morte. Nell’iconografia cristiana la Fenice è anche opposta per antonomasia al peccato in quanto il fuoco purificatore con il quale da un lato muore e dall’altro risorge è simbolo di rinascita e di purezza.
Anche Dante Alighieri si è occupato della Fenice che descrive nel XXIV Cantico dell’Inferno (107-111):
“che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo appressa
erba né biada in sua vita non pasce,
ma sol d’incenso lacrima e d’amomo,
e nardo e mirra son l’ultime fasce”.